Il riposizionamento dei principali centri di raffinazione del greggio si riflette strutturalmente sul mercato dei trasporti via mare, che sono i più significativi in termini assoluti per lo scambio del petrolio, con una stima di circa 2 miliardi di tonnellate di carico movimentate all’anno. Questi volumi vengono trasportati grazie alle petroliere tradizionali (crude tanker); queste collegano tipicamente i giacimenti alle raffinerie, appunto, e trasportano greggio. Il quale greggio ora abbandona i porti di attracco dell’Europa (15 raffinerie chiuse dal 2008), dei Caraibi, dell’Australia e del Giappone a favore dei punti di raffinazione del Medio Oriente dell’India e della Cina. E inoltre gli USA stravolgono ulteriormente il mercato con l’avvento dello shake gas e mutano così drasticamente le esigenze di trasporto a livello globale: le crude tanker si ritrovano rapidamente in sovra capacità e quindi difficoltà economica, mentre sono di contro insufficienti le product tanker, generalmente navi molto più piccole, ovvero quelle navi impiegate per il trasporto del prodotto raffinato dalla raffineria ai porti di scambio dei consumatori. Queste navi, insufficienti tanto da far lievitare i prezzi di nolo sollevando allarme nel settore, ora tendono ad diventare i principali protagonisti delle nuove rotte del petrolio, dovendo affrontare viaggi più lunghi e trasportando volumi sempre maggiori. Infatti queste navi pur dovendo crescere in prospettiva in termini prestazionali, dovranno comunque essere sufficientemente flessibili per raggiungere direttamente il “consumatore” a qualunque porto di destino, quindi senza poter raggiungere le dimensioni delle più grandi crude tanker.
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