Tra i paesi più poveri del mondo, con gravi problemi di infrastrutture, a partire da strade e ferrovie, sta intensificando al massimo lo sfruttamento di giacimenti che si stanno rivelando sorprendenti. Le potenzialità del sottosuolo sarebbero tali, infatti, da aver attirato da tutto il mondo le più grandi compagnie minerarie e petrolifere: già nel 2012 ENI e l’americana Anadarko avevano trovato, riserve tali da fare del Mozambico il terzo produttore mondiale di gas naturale. Si ipotizzano già costruzioni di terminali per il trasporto via mare dell’LGPL per investimenti dell’ordine dei 50 miliardi di dollari. Il Paese è ricco anche di sabbie bituminose e ha riserve di carbone stimate tra 25 e 30 miliardi di tonnellate, carbone che è già alla seconda voce dell’export con 5 milioni di tonnellate nel 2012 che si prevede possano raggiungere quota 20 già nel 2017. Dalla fine della guerra civile del 1992 il Mozambico cresce con un tasso vicino al 10% annuo in termini di Pil e il settore del gas potrebbe incidere per attestarsi addirittura al 20% del pil complessivo e il 50% del suo export. Vero è che il contesto socio-politico è altamente volubile e vulnerabile, a partire dal controllo sull’esproprio dei terreni e sull’appannaggio delle rendite del gas, che potrebbero non avvenire in modo trasparente ed equo, poiché non vi sono sufficienti strumenti per controllare il predominio di fazioni politiche e speculazioni.
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