La Commissione intende limitare l’uso dei biocarburanti convenzionali: nel progetto di legge discusso lo scorso settembre dai ministri degli stati membri a proposito dei temi energetici, la Commissione europea propone di limitare al 5% del totale dei consumi la percentuale dei cosiddetti biocarburanti di prima generazione nel settore dei trasporti. Il restante 5% (che sarebbe necessario per conseguire l’obiettivo vincolante dell’UE di raggiungimento del 10% di consumo di energia primaria nei trasporti da biocarburanti entro il 2020) dovrebbe essere integrato grazie alla produzione, anche se per il momento è ancora ipotetica, dei cosiddetti biocarburanti di seconda e terza generazione. Il piano è stato relativamente ben accolto dalle ONG ambientali e dalle associazioni di promozione dello sviluppo sostenibile, ma per i produttori europei di biodiesel, questa manovra, se dovesse essere confermata, è percepita come un pericolo di sopravvivenza per il settore: ovvero coloro che hanno investito nella produzione dei biocarburanti di prima generazione vedrebbero andare in fumo miliardi di euro di investimenti, il rischio di licenziamento per 50.000 posti di lavoro diretti e 400.000 posti di lavoro dell’indotto. E’ pur vero che, con questo progetto di legge, l’esecutivo Ue cerca di affrontare le gravi accuse che le ONG muovono rispetto alla attuale normativa che non tiene conto degli effetti nocivi indiretti dello sviluppo dei biocarburanti sul cambiamento indiretto della destinazione dei terreni. In particolare il problema è sintetizzabile in due aspetti: economici e sociali. Dal primo lato, aggravando l’impennata dei prezzi del cibo e dal secondo per influire sulla biodiversità dei terreni via via disboscati che vengono destinati alle coltivazioni per la produzione di biocarburanti. Se da un primo punto di vista, dopo oltre due anni di tensioni, l’esecutivo Ue sembra aver ceduto alle argomentazioni degli ambientalisti, dall’altro il progetto permette di orientare gli sforzi verso biocarburanti comunque migliori da un punto di vista del rendimento e più neutrali rispetto all’impatto ambientale. Secondo quanto proposto, quindi, la quota dei biocarburanti di prima generazione nel settore trasporti sarebbe di fatto congelata negli anni a venire (poiché era già a poco più del 4,5% nel 2011), con l’obiettivo di introdurre gradualmente biocarburanti di seconda generazione (ricavati da residui agricoli, come la paglia) e di biocarburanti di terza generazione (ricavati ad esempio dalle alghe). Mentre nel documento si afferma che la produzione di questi ultimi sia ancora trascurabile, si punta il dito sul fatto che non siano previste sovvenzioni per queste classi di biocarburanti, cosa che avviene invece per il settore convenzionale. Di conseguenza la Commissione intende proporre un sistema di sovvenzioni che consenta di accelerare la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra: propone di attribuire una scala di compatibilità ambientale dei biocarburanti secondo la quale il beneficio sarebbe indicativamente doppio per i biocarburanti di seconda generazione rispetto ai biocarburanti attuali e quattro volte di più per i biocarburanti di terza generazione. Le ONG ovviamente si ritengono soddisfatte, ma non intendono ritenersi completamente soddisfatte, infatti nonostante accolgano con favore le conclusioni che la Commissione ha elaborato, sostengono che sia necessario andare oltre: i biocarburanti prodotti da colture alimentari devono essere integralmente abbandonati e non solo limitati al 5%.
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