Circa il 97% di queste sostanze metalliche, fondamentali soprattutto per l’industria elettronica, sono estratte e prodotte dalla Cina, la quale ha recentemente posto un tetto alle esportazioni ti tali sostanze, preoccupando non poco i mercati. E’ dal Giappone che invece arriva l’importante notizia che ci sarebbero riserve immense di terre rare (i 17 elementi metallici che corrispondono ai lantanoidi, più lo scandio e l’ittrio) pari almeno a mille volte superiori a quelle disponibili sulla superficie terrestre. Recentemente la rivista Nature Geoscience ha pubblicato infatti la scoperta di un team dell’Università di Tokyo, guidato da Yasuhiro Kato, professore associato di Scienze della terra, i cui ricercatori hanno sondato l’oceano Pacifico, raccogliendo duemila campioni in 78 siti diversi trovando grandi quantità di questi pregiati metalli mescolati al fango sottomarino. Il potenziale sarebbe tale che un’area di un kilometro quadrato potrebbe soddisfare il fabbisogno mondiale per un anno. L’area più promettente sarebbe situata nelle acque internazionali che stanno fra le Hawaii e Tahiti e sarebbero prontamente estraibili dal fango sembra centinaia di miliardi di tonnellate, dalle stesse navi che scaverebbero i fondali, con una semplice reazione nell’acido, determinando la fine del monopolio cinese (Il Giappone è il primo consumatore di terre rare cinesi, con il 34% del volume). Non è ancora chiara l’economicità dell’estrazione off-shore, che sarà certo influenzata dalla concentrazione (stimata intorno allo 0,2%, comparabile con le maggiori miniere a cielo aperto, ma non con quelle che arrivano al 3%) che potrebbe contribuire a rendere poco conveniente lo sfruttamento del fango del Pacifico. E sarà necessario fare anche le debite valutazioni di carattere ambientale.
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